Enrica Borghi / Margherita Burgener

Enrica Borghi

Lavoro con materiali di scarto e recupero, fin dagli anni Novanta quando iniziai a realizzare con la plastica grandi abiti e anche gioielli. Negli anni ho sperimentato diverse tecniche e media ma la mia passione è sempre stata la scultura, la tridimensionalità, dall’oggetto alle installazioni urbane.

Secondo me la plastica contiene in sè il concetto di ‘fragilità’. Nonostante impieghi più di due milioni di anni per deperire nell’ambiente è un materiale fragile: rimane nelle nostre case per poco tempo e poi il suo destino è di essere buttata. L’idea era quindi di fermare il tempo. Fare si che questo materiale acquisisse valore.

Il progetto si chiama Achillea. Con Emanuela abbiamo ripercorso le nostre memorie in montagna e ci siamo rese conto che erano molto simili. Entrambe abbiamo questo ricordo di camminate verso il ghiacciaio per andare a raccogliere questi piccoli fiori tenaci che crescono oltre i 2000 metri e che anche le nostre nonne raccoglievano per farne una tisana nell’inverno con il freddo. Questo fiore in qualche modo mi sembrava che raccontasse chi fossimo noi, la nostra storia, la nostra provenienza, ma anche un tema molto forte come lo scioglimento dei ghiacciai che è un tema ambientale che tutti stiamo vivendo. È di nuovo il locale e il globale che si incontrano.

L’achillea diventa dunque un fiore simbolo composto da una struttura metallica alla base e la fragilità della corolla realizzata con bottiglie di plastica deformate con il calore che hanno sia la trasparenza che ricorda il vetro sia questa innata semplicità di un oggetto che è nelle nostre case, che teniamo in mano, che ci appartiene e poi gettiamo nel cestino. Un gioiello simbolo che non contiene in sè  solo ‘il mostrarsi’, ma una storia di valore che appartiene alla nostra società.

Non mi ero mai confrontata direttamente con il mondo della gioielleria classica. Ho sempre realizzato gioielli in plastica come una sfida, quella di rendere prezioso un materiale di scarto attraverso la manualità e sfidare il concetto del valore. I primi gioielli li avevo esposti all’interno di alcune teche sorvegliati da una guardia. Li avevo chiamati Tiffany, per provocazione, ma a tutti gli effetti erano pezzi di plastica. Trovarmi oggi a creare un dialogo con ciò che è effettivamente gioielleria è stata una nuova sfida perché credo che le plastiche siano, oggi più che mai, materiali di valore per ciò che esse rappresentano nella nostra società. Una società contemporanea rappresenta se stessa con ciò che le appartiene nella propria quotidianità.

Questo progetto è stata una bella sfida, con meno provocazione rispetto agli anni Novanta, ma con la consapevolezza che questo materiale rappresenta valore.

Emanuela Burgener

L’azienda Margherita Burgener è stata fondata 18 anni, ma il marchio affonda le sue radici nella realtà valenzana, nell’azienda Lombardi Massimo fondata nel 1966 da mio suocero Giancarlo. La nostra è una piccola azienda famigliare nella più classica tradizione di Valenza, ma con una produzione internazionale.

Abbiamo abbracciato il progetto Fragile Bellezza con grande entusiasmo in tutte le sue fasi a partire da quella iniziale che ha avuto come obiettivo quello di portare la bellezza in alcune fragili realtà del territorio come le RSA, dando la possibilità alle signore ospiti di indossare i nostri gioielli. Questa iniziativa ha toccato delle corde profonde: gli anziani rappresentano la nostra storia, le nostre radici. Ho pensato che avrei potuto portare un momento di gioia a queste persone che si trovano a vivere l’ultima parte della loro vita in strutture dove forse le occasioni di sentirsi belle e coccolate sono rare.

La bellezza è anche questo. Bellezza è tutto ciò che ci emoziona positivamente; è quello che sappiamo cogliere con i nostri occhi, è un momento di gioia per gli occhi e per noi stessi. Per molto tempo ‘bellezza’ è stato sinonimo di ‘perfezione’, ma oggi per me la nuova bellezza è quella delle persone reali, delle persone anziane, un difetto, una ruga in più…Forse oggi stiamo iniziando a dare valore alla bellezza in una chiave diversa, più vera.

Anche il gioiello sta iniziando a raccontare questa evoluzione. La perfezione, che è sempre stata una caratteristica del gioiello di Valenza deve senza dubbio continuare a far parte del nostro modo di lavorare, ma è giusto aprirsi a nuove possibilità e a nuove forme di bellezza. Ecco il perché della scelta di lavorare con un’artista e con dei materiali che con la gioielleria non hanno nulla a che fare. Alla fine tutti nel laboratorio, compresi gli orafi che all’inizio erano un po’  scettici, sono rimasti colpiti da quanto la plastica possa raccontare Bellezza.

Enrica e io ci conosciamo da molti anni. Siamo coetanee, siamo cresciute nello stesso paese di montagna ai confini con la Svizzera e abbiamo frequentato insieme le scuole medie. I nostri percorsi poi si sono divisi e ci siamo perse per circa trent’anni. Questa iniziativa ci ha dato l’occasione di ritrovarci iniziando un dialogo che ha fatto riaffiorare una nostra storia comune legata fortemente alla bellezza della natura e dei luoghi in cui siamo cresciute e proprio da quei luoghi, dai ghiacciai, dalla montagna, dai fiori di montagna si è sviluppato il nostro progetto.

Achillea è per noi un racconto poetico. È il dialogo tra materiali preziosi, la tradizione di un saper fare artigianale degli orafi nel mondo della gioielleria, un percorso artistico, il materiale di riciclo che viene nobilitato e a cui si dà nuovo valore, le montagne, i ghiacciai, l’importanza di conservare l’ambiente, di valorizzarlo per poterlo preservare e tramandare alle generazioni future per quanto possibile intatto, così come accade per la gioielleria che viene tramandata, lasciata e offerta come eredità alle generazioni a venire.

Opera

Achillea
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Artista

Enrica Borghi
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Azienda

Margherita Burgener
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